-di Beatrice Bardelli-
“A Pisa siete molto fortunati ad avere una persona come Francesco Mariotti”. Ieri sera, alla fine del concerto live del Manouche Trio, Tolga During, il chitarrista jazz turco-olandese che ha deciso di trasferirsi a vivere in Italia, in provincia di Bologna, ha voluto ringraziare il pubblico per la calorosissima partecipazione che ha scandito una serata indimenticabile ma soprattutto lui, il fantastico ideatore dell’Ex Wide Club, uno dei luoghi più magici di Pisa dove i sensi vivono dimensioni extracorporali in un’atmosfera da cave del jazz come ne ho vissuto a Parigi, a due passi da Notre Dame, o a Camden Town a Londra. In quella penombra necessaria a mettere in luce il vero protagonista, il palcoscenico, abbiamo aspettato con trepidazione di veder vivere quelle due sedie vuote e quel contrabbasso adagiato al suolo dagli artisti del Manouche Trio che con la loro carica vitale e gitana avevano già conquistato il pubblico di Ferrara la sera precedente. Tutti aspettavano di rivedere e risentire l’enfant prodige della chitarra manouche (quella con la buca a “D”), il diciannovenne e già affermatissimo a livello internazionale Antoine Boyer, parigino doc di formazione musicale gipsy jazz, che si ripresentava a Pisa per la seconda volta. Con lui, a dividere la scena da seduto, sulla sinistra del palco, Tolga During, un alter ego per fama internazionale e per una padronanza tecnica decisamente fuori dal comune che ha conquistato fin da quando, ad 8 anni, iniziò a studiare la chitarra classica e poi quando, a 18, scoprì ad Amsterdam il jazz, in particolare il jazz manouche di Django Reinhardt (1928 – 1953) tanto da diventare, nel 2011, direttore del Pinnabilli Django Festival di richiamo internazionale. Al centro della scena, equidistante tra i due chitarristi, Giuseppe Dimonte, 24nne artista bolognese, al contrabbasso, il compagno di viaggio musicale con cui riesce a spaziare dal Swing e dal Funk al Blues Rock fino alla Musica Beat ed a tutto l’etere sonoro del jazz e che, visivamente, con la sua verticalità fisica necessaria per suonare l’imponente strumento, sembrava marcare curiosamente, nel riquadro ottico della scena, proprio la lettera “t” del Trio manouche. Con la semplicità poetica degli esploratori del suono e la freschezza dei grandi artisti, il Trio Manouche ha regalato al pubblico grandissime emozioni e fortissimi entusiasmi siglati con scroscianti applausi anche a scena aperta sull’onda del caldo e scoppiettante ritmo del gipsy swing. Il swing gitano, quello di cui si è inebriato Antoine Boyer che ha avuto la fortuna di diventare, adolescente, discepolo di zingari (gipsies) maestri della chitarra francese come Mandino Reinhardt e Francis-Alfred Moerman anche se ha saputo, poi, sviluppare un suo proprio stile che gli ha valso numerosi riconoscimenti e premi. Il concerto si è aperto sulle note di “Swing de Paris” di Django, il compositore di etnia Sinti, ideatore e massimo esponente del genere musicale Manouche (detto anche “Gipsy Swing”), il genere musicale che celebra la fusione tra la creatività espressiva del swing degli anni Trenta, il filone musicale del valse musette francese ed il virtuosismo eclettico tzigano, ed ha proseguito alla riscoperta di composizioni oltre che di Django anche di compositori famosi come Biréli Lagrène. Per il bis richiestissimo gli artisti si sono regalati una caldissima e vibrante performance sulle divertenti note galoppanti del “Minor swing” dell’inimitabile Django. Inimitabile proprio perché fu costretto da un nefasto caso del destino (o dalla mano di qualche folle razzista di allora?) ad abbandonare il banjo dopo che la roulotte di famiglia fu divorata da un incendio e lui riportò ustioni tanto gravi da perdere l’uso della gamba destra e di parte della mano sinistra (l’anulare ed il mignolo furono saldati insieme dalla cicatrizzazione). Con il coraggio dei grandi artisti e la cocciutaggine degli “ultimi”, Django non si perse d’animo e, con le sue dita atrofizzate, iniziò a suonare la chitarra riuscendo a sviluppare una tecnica rivoluzionaria. Inventando il Gipsy Jazz Manouche.
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