Per la prima volta nel paese la carica è stata conferita ad una donna appartenente al partito comunista nepalese che ha da sempre difeso i diritti delle donne
Bidya Devi Bhandari, 54 anni, è stata eletta presidente del Nepal, ottenendo 327 voti a favore su un totale di 549. È la prima donna a guidare lo stato himalayano che dieci anni fa ha scelto di abbandonare la monarchia in favore della repubblica federale. Anche se la carica di presidente è prettamente cerimoniale, la sua nomina è un segnale forte per un cambiamento positivo della società nepalese ancora molto tradizionalista e patriarcale.
Grande sostenitrice dei diritti delle donne nel suo discorso inaugurale, ha promesso che si batterà per garantire maggiore uguaglianza sociale tra i vari gruppi etnici. Bidhya Devi Bhandari ha fornito un contributo fondamentale per garantire maggiore rappresentatività alle donne in parlamento. Infatti ha lottato per l’adozione della nuova Costituzione, affinché fosse stabilito che un terzo dei membri del parlamento nepalese sia composto da donne. Da quando la nuova Costituzione è stata adottata, nel settembre del 2015, il presidente o il vicepresidente del Paese deve essere una donna.
Il pensiero va ad un’altra donna Aung San Suu Kyi la politica birmana, leader del movimento “non violento”, impegnata attivamente nella difesa dei diritti umani, tanto da meritare nel 1991 il premio Nobel per la pace e il Premio Sakharof conferitole dal Parlamento Europeo. Oggi dopo oltre venti anni di arresti domiciliari, per la sua opposizione al regime militare che governa il Paese e grazie anche all’intermediazione degli Stati Uniti d’America e dell’Unione Europea, ha un seggio al Parlamento, ma non potrà ancora candidarsi alla Presidenza, perché il parlamento ha votato contro gli emendamenti alla Costituzione che impediscono a chiunque abbia un marito o dei figli con passaporto estero a candidarsi, consentendo ai militari di mantenere il potere.
Il suo sogno è di costruire una Birmania (o Myanmar, come è stata ribattezzata per volere dei generali al potere dopo il colpo di stato del 1990) diversa, e per questo ha rinunciato perfino a stare vicino al marito morente in Inghilterra, perché se fosse uscita dal Paese non le sarebbe stato più possibile rientrare.
Un consiglio: guardate il film The Lady di Luc Besson … scoprirete molto sulla vita, il coraggio e la forza di Aung San Suu Kyi una donna chiamata anche “Orchidea di ferro”, delicata come il fiore che rappresenta il suo paese, ma forte e determinata nel portare la Birmania alla democrazia.
Patrizia Russo